Monopoli, “Tre volte Lucy”: Cecilia Sala e Kento protagonisti della seconda giornata del festival dedicato alle Generazioni

Monopoli – Dopo l’esordio di venerdì, il festival “Tre volte Lucy” entra nel vivo con una giornata intensa di incontri e riflessioni sul tema delle Generazioni, cuore della seconda tappa dell’evento promosso dal Comune di Monopoli, in collaborazione con la Biblioteca civica Prospero Rendella, il Teatro Radar e i Teatri di Bari.

La mattinata di sabato 18 ottobre si è aperta proprio nella splendida cornice della Rendella con l’intervento del rapper e scrittore Kento (al secolo Francesco Clemente), tra i nomi più noti della scena musicale e letteraria contemporanea. L’artista reggino ha portato la sua esperienza di educatore e autore impegnato nelle carceri minorili, dove da anni conduce laboratori di scrittura e rap, ponendo la parola al centro di un processo di riscatto personale e collettivo.
«Scrivere versi – ha detto Kento – è un modo per restituire dignità a chi è stato dimenticato. La generazione a cui appartengo è cresciuta con l’idea che la cultura potesse cambiare il mondo, e oggi il compito è non smettere di provarci». Il pubblico, composto da studenti, insegnanti e lettori di ogni età, ha accolto il suo messaggio con entusiasmo, trasformando l’incontro in un dialogo aperto sulla forza della parola e della memoria come strumenti di libertà.

In serata, al Teatro Radar, la protagonista è stata Cecilia Sala, giovane giornalista e inviata di guerra che ha conquistato pubblico e critica per il suo sguardo diretto e autentico sulle zone di conflitto. Sala – romana, classe 1995 – collabora con Il Foglio, Internazionale e la Repubblica, ed è autrice del podcast “Stories”, in cui racconta la contemporaneità con un linguaggio che unisce giornalismo narrativo e sensibilità civile.

Cecilia Sala – romana, classe 1995 – si è affermata come giornalista dell’internazionale, con reportage dall’Afghanistan, dall’Ucraina e da zone di conflitto, nonché autrice del podcast quotidiano “Stories”.

Nel corso del suo intervento al festival, Sala ha ripercorso esperienze sul campo tramite testimonianze dirette e narrazioni cronachistiche. Riflessioni nate dalle esperienze in Ucraina, Medio Oriente e Afghanistan, mostrando come il concetto di “generazione” possa essere declinato anche in chiave geopolitica e umana. «I giovani israeliani non conoscono i palestinesi – ha detto – sono cresciuti dopo che i cancelli sono stati sigillati. È una generazione che ha ereditato il conflitto senza averlo mai scelto». E poi ha proseguito: «Io sono arrivata e poi cominciano a filtrare informazioni ­… sull’Arabia, sui canali arabi… poi viene fuori la foto clamorosa … Marco Rubio che passa un foglietto a Donald Trump … devi essere tu, perché devi essere tu il primo ad annunciarlo al mondo», delineando la geopolitica al tempo delle generazioni del conflitto.

Nel racconto della cronista Cecilia Sala, la parola generazione diventa un prisma che riflette non solo differenze anagrafiche, ma anche culturali e di destino. «In guerra – ha spiegato – il tempo si dilata e si contrae: chi nasce sotto le bombe invecchia prima, ma conserva uno sguardo più lucido sul futuro. È questa la generazione che dobbiamo imparare ad ascoltare».
La giornalista ha intrecciato esperienze di frontiera e testimonianze dirette, evocando scene di vita quotidiana dai campi profughi, dalle strade di Kiev e di Kabul, ma anche dalla generazione di giovani italiani che osservano la guerra sui social e ne ereditano le paure.

Ha poi riflettuto sul tema generazioni: «I giovani israeliani non conoscono i palestinesi… sono cresciuti dopo che i cancelli sono stati sigillati…», ha spiegato, stimolando il pubblico a interrogarsi su come l’esperienza dei più anziani si trasmetta – o meno – a chi viene dopo.Sala ha anche portato l’attenzione sul rapporto tra memoria, guerra e identità, passando per la Cisgiordania e i campi profughi: «La casa di Firaz è di fronte al campo profughi… i soldati israeliani entrano…», ha narrato, evocando scene dure ma allo stesso tempo capaci di trasmettere la complessità delle generazioni in conflitto.

Nel contesto del festival “Tre volte Lucy”, l’intervento della giornalista è significativo perché mette al centro la dimensione globale e generazionale del tema scelto: la convivenza tra generazioni non è solo questione anagrafica, ma culturale, storica, geopolitica.

Il festival, diretto da Nicola Lagioia, continua a configurarsi come un laboratorio culturale in movimento, capace di trasformare la rivista Lucy in un evento dal vivo, dove letteratura, giornalismo e musica dialogano tra loro.
L’appuntamento con Cecilia Sala e Kento ha mostrato quanto il tema scelto – Generazioni – non sia solo un confronto tra età diverse, ma una riflessione collettiva su come il passato si tramandi nel presente e su cosa lasceremo al futuro.

«Le generazioni – scriveva Gesualdo Bufalino – sono onde che si infrangono. Ma ogni onda, prima di morire, prepara la successiva».
A Monopoli, con “Tre volte Lucy”, l’onda della cultura continua a propagarsi, chiamando a raccolta chi crede che il dialogo tra epoche, linguaggi e persone resti la forma più autentica di resistenza civile.

A breve il servizio del tg

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